domenica 23 novembre 2014

Proposte e non proteste per l'economia circolare: verso il post-incenerimento

L'approvazione di art. 35 dello "Sblocca Italia" (DL 133/2014) sarà, molto probabilmente, causa di conflitti sociali e istituzionali.

Il superamento dei vincoli di autosufficienza regionale o provinciale è in pieno contrasto con la normativa vigente (ex art. 182 e 182bis D.Lgs. 152/2006) e di fatto supera le competenza regionali di pianificazione (ex art. 199 D.Lgs. 152/2006) e l'organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (ex art. 200 D. Lgs. 152/2006). Inoltre, tale provvedimento è contrario al principio europeo "chi più inquina più paga", principio che non si deve declinare solo agli aspetti finanziari, ma che si deve estendere anche agli impatti ambientali, sanitari e sociali legati alla gestione dei rifiuti.
Infine, gli indirizzi più recenti della Comunità europea, prevedono l’obbligo di rispettare la gerarchia dei rifiuti, destinando a recupero energetico solo i rifiuti non riutilizzabili e non riciclabili. L’uso diretto di inceneritori, senza ridurre i rifiuti a smaltimento e senza sfruttare gli impianti di recupero disponibili, espone l’Italia a prossime procedure di infrazione comunitaria o all’obbligo di esportare i rifiuti verso i Paesi con adeguate capacità di recupero.
Appare quindi necessaria un’azione integrata che prevenga gli effetti negativi che deriverebbero dall’attuale provvedimento: 
ritardo nella gestione delle emergenze per alcuni territori, che sono attualmente oggetto di procedure di infrazione per smaltimento in discarica di rifiuti; 
riduzione delle opportunità di sviluppo economico e occupazionale nel settore del recupero e riciclaggio rifiuti. Settore che, secondo le analisi dell'Agenzia Europea per l'Ambiente, ha aumentato del 47% i propri occupati nel periodo 2000-2007 ("Earnings, jobs and innovation: the role of recycling in a green economy", EEA Report, 8/2011). 

Proposta: linee di indirizzo per la gestione dei rifiuti in Italia 

Premesso che: 
le procedure di infrazione per l’Italia si riferiscono alle violazioni alla direttive europee sui rifiuti, 2006/12/CE, che richiede agli Stati membri la pianificazione di impianti di smaltimento, rispettando i principi di prossimità (art. 5, 2006/12/CE) e 1999/31/CE, che stabilisce divieti per lo smaltimento di rifiuti biodegradabili in discariche (art. 5 e 18, 1999/31/CE). 
“I procedimenti d’infrazione riguardano l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in diverse Regioni, inclusi il recupero o la raccolta e l’inefficacia della raccolta differenziata. Dall’altro lato, gli interventi che sarebbero dovuti rientrare nella misura in parola includevano gli aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, il recupero o la raccolta dei rifiuti a valle della raccolta differenziata nonché la realizzazione di discariche” (Comunicato stampa 144/14 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sentenza sulla causa C-385-13, relativa allo smaltimento di rifiuti in Campania). 
La direttiva europea 2008/98/CE definisce una precisa gerarchia per il trattamento dei rifiuti, privilegiando prevenzione, riuso, riciclaggio a recupero energetico e smaltimento (art. 4, 2008/98/CE). 
Gli impianti di selezione e trattamento di tipo meccanico-biologico presenti in Italia, anche se spesso di vecchia generazione tecnologica, hanno una potenzialità complessiva pari a circa 13.5 milioni di tonnellate (3.5 Nord, 4.2 Centro, 5.8 Sud e Isole, tabella 3.3 “Trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani, per regione, anno 2013, “Rapporto Rifiuti Urbani, Edizione 2014”, ISPRA). A titolo di esempio, in Campania sono presenti 7 impianti per una capacità complessiva di 2.5 milioni di tonnellate, rispetto a 1.4 milioni di fabbisogno. Gli impianti di incenerimento nel 2013 hanno trattato complessivamente 5.8 tonnellate di rifiuti (4.1 Nord, 0.6 Centro, 1.1 Sud e Isole, tabella 3.9, Rapporto Rifiuti Urbani, 2014, ISPRA). Il rifiuto urbano residuo prodotto in Italia nel 2013 è pari a circa 17 milioni di tonnellate (6.2 Nord, 4.2 Centro, 6.6 Sud e Isole, tabella 2.16, “Rapporto Rifiuti Urbani, Edizione 2014”, ISPRA). Quindi, complessivamente, la capacità impiantistica per ogni macro area è superiore alla produzione di rifiuto residuo, pur con rilevanti differenze tra le singole Regioni. 

Considerato che: 
Gli investimenti necessari per rendere operativi gli impianti di trattamento meccanico-biologico o analoghe tecnologie di trattamento “a freddo” dei materiali residui sono inferiori in termini economici e temporali a quelli richiesti dagli impianti di incenerimento; 
sono necessari investimenti nei sistemi di raccolta e prevenzione rifiuti, al fine di annullare le quote di materiale riciclabile e organico avviato a smaltimento; 
la riduzione del materiale avviato a smaltimento rappresenta una riduzione di costi e una opportunità di sviluppo economico e occupazionale attraverso le filiere industriali legate al riciclo e recupero di materia; 

Si chiede al Governo di modificare il provvedimento (art. 35, DL 133/2014), in accordo alle proposte di seguito rappresentate, orientate a raggiungere gli obiettivi di riduzione rifiuti e di recupero materia stabiliti dalle norme comunitarie:
1) Approvare gli indirizzi legislativi per una riforma complessiva del ciclo integrato dei rifiuti. Al fine di promuovere la riduzione dei rifiuti, il massimo riuso degli oggetti recuperabili, il riciclo anche di quote di rifiuto residuale, nonché la raccolta differenziata di qualità, si ritiene necessaria l’adozione di strumenti fiscali per premiare i comuni che minimizzano i rifiuti pro-capite non inviati a riciclaggio e penalizzare gli altri, elevare gli obiettivi di riciclaggio con precise scadenze temporali, nonché una tariffazione puntuale, anche sulla base della Legge Nazionale di Iniziativa Popolare “Rifiuti Zero”, già consegnata al Parlamento.
2) Definire cosa si intende per saturazione del carico termico, precisando ad esempio i limiti per il potere calorifico inferiore, e annullare l’obbligo di saturazione nei casi in cui siano richieste modifiche impiantistiche, aumenti di capacità massima annuale, o riattivazione di linee obsolete.
3) Dichiarare esplicitamente che gli inceneritori e gli impianti TMB attualmente operativi possono essere utilizzati, entro i quantitativi autorizzati, oltre i vincoli di autosufficienza regionali e provinciali (ex art.182 DLgs 152/2006) solo dimostrando che il fabbisogno di smaltimento rifiuti non è altrimenti soddisfatto e applicando il principio di prossimità, secondo cui devono essere utilizzati gli impianti esistenti più vicini, inclusi gli impianti di recupero e trattamento sotto-utilizzati. Inoltre, un eventuale utilizzo degli impianti per flussi di rifiuti extra-regionali deve essere limitato a un periodo di tempo pre-definito e non prorogabile, e in ogni caso non superiore a due anni, necessario per l’aggiornamento degli impianti esistenti e per la pianificazione e realizzazione degli impianti mancanti. Per le Regioni con capacità di pre-trattamento insufficiente, si dovranno favorire gli impianti di selezione e trattamento, che consentono di estrarre dal rifiuto residuo (indifferenziato) quote di materiale da avviare a riciclaggio.
4) Nel caso in cui siano previsti flussi di rifiuti urbani extra-regionali, si deve definire una compensazione economica e si devestabilire una durata limitata a pochi mesi e non rinnovabile, precisando che:
a) questa compensazione deve essere a carico esclusivo del gestore del servizio della Regione che produce i rifiuti; b) questa compensazione è aggiuntiva al costo del servizio previsto dagli Enti d’ambito e non comporta costi aggiuntivi per i piani finanziari della Regione di destinazione del rifiuto; c) il valore di questa compensazione è pari alla quota annuale degli ammortamenti degli impianti per unità di rifiuto trattato, comprendendo anche la remunerazione del capitale. Il valore della compensazione sarà calcolato su base regionale, come media pesata del valore degli ammortamenti dei singoli impianti. 

Tale compensazione non è una monetizzazione del rischio, ma è motivata da due fattori: 
Equità territoriale. Infatti, alcuni cittadini usufruiranno di impianti pagati attraverso le tariffe dai cittadini residenti nei territori in cui sono localizzati gli impianti. 
Garanzia di superamento della pianificazione temporanea. Infatti, il costo di smaltimento per unità di peso sarebbe molto elevato, anche per effetto dei costi di trasporto (in alcuni casi i rifiuti potrebbero essere trasferiti a oltre 1000 km dall'origine), e favorirebbe la realizzazione di soluzioni più economiche, ovvero una rete di impianti distribuiti in maniera omogenea sul territorio nazionale. 

Inoltre, per i territori origine dei rifiuti dovrà essere prevista nei piani economici finanziari una quota equivalente alla compensazione destinata alle altre Regioni, per investimenti nei sistemi di raccolta differenziata e prevenzione rifiuti. Tali investimenti dovranno essere completati entro l’anno successivo al trasferimento di rifiuti. 

Alberto Bellini, Comune di Forlì

Roberto Cavallo, ERICA

Enzo Favoino, Scuola Agraria del Parco di Monza, Pioniere del Riciclo 2007

Natale Belosi, Ecoistituto Faenza

Marco Boschini, Associazione Comuni Virtuosi

Ezio Orzes, Associazione Comuni Virtuosi

Paolo Contò, Consorzio Priula

Mario Tozzi, primo ricercatore CNR, divulgatore ambientale

Marco Moro, direttore Edizioni Ambiente

Luca Mercalli, presidente Società Meteorologica Italiana

Vincenzo Balzani, Università di Bologna

WWF Forlì e Rimini

Italia Nostra, Emilia-Romagna e Forlì

Pro Natura Forlì

Clan – Destino

Guardie Ecologiche Volontarie Forlì

ISDE – Medici per l’ambiente Forlì

Ambiente & Salute Riccione

Corpo della Guardia Zoofila Ambientale Forlì

Federazioni Amici della Bicicletta Forlì

Legambiente sezione Santarcangelo di Romagna

Un Punto Macrobiotico Forlì

ANPANA Sez. Forlì

articolo 4, 2008/98/CE

Articolo 4
Gerarchia dei rifiuti
1. La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e
e) smaltimento.

2. Nell’applicare la gerarchia dei rifiuti di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo. A tal fine può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia laddove ciò sia giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti.

articoli 5 e 18, 1999/31/CE

Articolo 5
Rifiuti e trattamenti non ammissibili in una discarica
1. Non oltre due anni dopo la data prevista nell'articolo 18, paragrafo 1, gli Stati membri elaborano una strategia nazionale al fine di procedere alla riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare a discarica e la notificano alla Commissione. Detta strategia dovrebbe includere misure intese a realizzare gli obiettivi di cui al paragrafo 2, in particolare mediante il riciclaggio, il compostaggio, la produzione di biogas o il recupero di materiali/energia. Entro trenta mesi dalla data di cui all'articolo 18, paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione contenente un prospetto delle strategie nazionali.
Articolo 18
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro due anni dalla sua entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni di diritto nazionale che essi adottano nel campo disciplinato dalla presente direttiva.

articolo 5, 2006/12/CE

Articolo 5
1. Gli Stati membri, di concerto con altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, adottano le misure appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione che non comportino costi eccessivi.
2 Tale rete deve permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie all'utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

domenica 9 novembre 2014

SGR



La gestione dei rifiuti è un'attività economica di primaria importanza, che vale dieci miliardi di euro per la sola quota di rifiuti urbani, ed è strumento per un uso efficace delle risorse naturali.


La perdita di materiali preziosi è una costante delle nostre economie. In un mondo in cui la domanda di risorse finite e talvolta scarse non cessa di aumentare, la concorrenza si acuisce e la pressione su queste risorse degrada e indebolisce sempre più l’ambiente, l’Europa può trarre benefici economici e ambientali dall’uso più adeguato di queste risorse. A partire dalla rivoluzione industriale lo sviluppo delle nostre economie è avvenuto all’insegna del “prendi, produci, usa e getta”, secondo un modello di crescita lineare fondato sul presupposto che le risorse sono abbondanti, disponibili, accessibili ed eliminabili a basso costo. È opinione sempre più diffusa che questo modello compromette la competitività dell’Europa.

La transizione verso un’economia più circolare è al centro dell’agenda per l’efficienza delle risorse stabilita nell’ambito della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Utilizzare le risorse in modo più efficiente e garantire la continuità di tale efficienza non solo è possibile, ma può apportare importanti benefici economici.  

Il settore industriale ha già ravvisato le grandi opportunità legate all’aumento della produttività delle risorse. Si stima che un uso più efficiente delle risorse lungo l’intera catena di valore potrebbe ridurre il fabbisogno di fattori produttivi materiali del 17%-24% entro il 2030 (Meyer, B. et al., Macroeconomic modelling of sustainable development and the links between the economy and the environment, 2011. Studio realizzato per conto della Commissione europea, DG Ambiente), con risparmi per l’industria europea dell’ordine di 630 miliardi di euro l’anno (Guide to resource efficiency in manufacturing: Experiences from improving resource efficiency in manufacturing companies, Europe INNOVA, 2012). Secondo studi commissionati da imprese e basati sulla modellizzazione a livello di prodotti, adottando approcci fondati sull’economia circolare l’industria europea potrebbe realizzare notevoli risparmi sul costo delle materie e innalzare potenzialmente il PIL dell’UE fino al 3,9% (Ellen MacArthur Foundation, Towards the Circular Economy: Economic and business rationale for an accelerated transition, 2012), attraverso la creazione di nuovi mercati e nuovi prodotti e grazie al relativo valore per le aziende.
Fonte: Commissione Europea, COM(2014) 398, 2 luglio 2014, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, "Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti".


Il Ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, ha indicato le sue priorità in termini di rifiuti:

"L'obiettivo primario è la gestione dei rifiuti in tutta Italia, anche con il contributo di quegli inceneritori che oggi non vanno a pieno regime. La priorità assoluta è evitare le infrazioni comunitarie alle porte."



Comunicato stampa 144/14 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sentenza sulla causa C-385-13, relativa allo smaltimento di rifiuti in Campania.
 I procedimenti d’infrazione riguardano l’intero sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti in diverse Regioni, inclusi il recupero o la raccolta e l’inefficacia della raccolta differenziata. Dall’altro lato, gli interventi che sarebbero dovuti rientrare nella misura in parola includevano gli aiuti per la creazione di un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, il recupero o la raccolta dei rifiuti a valle della raccolta differenziata nonché la realizzazione di discariche”